I cannoni di Dogna
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I CONFINI ALL'INIZIO GUERRA

Il confine fra Austria e Italia passava da Pontebba sulla cresta a nord di Dogna lungo le cime dei monti  Jof di Dogna, Due Pizzi, Jof di Miegegnot, Montasio 

Quando scoppio' la Prima Guerra Mondiale, l'Italia era inizialmente alleata con l'Austria

Pertanto l'Austria dirotto' tutte le sue truppe sui fronti Francesi e Russi lasciando sguarnito il confine con l'Italia.

Quando l'Italia dichiaro' guerra all''Austria.  con un improvviso attacco l'Italia conquisto' facilmente le cime di confine attorno a Dogna , dominando dall'alto tutta la valle che va da Pontebba a Tarvisio.

Il versante austriaco era difeso in gran parte solo da volontari civili austriaci, volenterosi patrioti ma poco preparati alla guerra.

IL FORTE HENSEL

L'Esercito Italiano fin dall'inizio considero' Dogna e la sua valle strategicamente importanti per la difesa dei confini.

Nell' eventualita' di una successiva avanzata verso Vienna c'era un grosso ostacolo e consisteva nel forte di Malborghetto (Forte Hensel) .

Tale forte costruito per contrastare l'avanzata Napoleonica, era stato negli anni potenziato a tal punto da essere considerato imprendibile.

 

 

Il Forte prima della guerra
Foto con teleobiettivo "del fondo del  forte, preso da 3,5 km da  lontano dal Monte Jof di Miegegnot (2.809 metri)

 

 

Comandante del forte Hensel  era il Capitano Karl Ebner

Il sottotenente Hans Kuhn era il comandante della batteria degli obici corazzati;

il sottotenente Benda comandante del blocco B ) sino al 30 agosto 1915 e poi il Colonnello Marckhgott ( già comandante del blocco A ).

 

 

hensel prima.jpg (207791 byte)

   


Cannone da 210 in trasferimento all'altezza Sbombarde

  Per una eventuale avanzata verso Vienna era pertanto importante distruggere il forte. A tale scopo in tutta la Val Dogna furono piazzati vari cannoni.

Alcuni  mortai da 210 furono piazzati a Pleziche , alcuni a Plans dai Spadovai e a Chiut.

 


Mortaio da 210 in localita' Chiut

   

 

 

 

I cannoni di Dogna

Dogna fu subito evacuata e furono piazzati due obici da 305/17 (il calibro più grosso che l’esercito Italiano possedesse all’epoca) che bombardavano ripetutamente il territorio austriaco ed in particolare il forte Hensel di Malborghetto, il quale colpito più volte fu distrutto con tiro a parabola

I due cannoni  furono piazzati in paese a Dogna in fondo al paese dove allora non c'erano case.

Attualmente quegli spazi sono occupati dalle case "popolari" , le ultime case prima dell'incrocio "scontradicis"

Il 12 giugno 1915 le artiglierie pesanti italiane presso l’abitato di Dogna cominciarono a sparare sul forte ( obici da 305 e 210 mm. ).

Il primo tiro fu sparato da Cadorna, il secondo da Porro ed il terzo da un maestro di tiro che centrò una delle cupole.

Furono infatti smantellate le opere corazzate e delle cupole, ma il forte rimase imprendibile.

 
 

 

Fino al 4 agosto furono sparati più di 4000 colpi del calibro 210.

 
       

I risultati non si fecero attendere ed il forte di Malborghetto veniva pian piano smantellato grazie alle perfette informazioni che venivano riportate dalle postazioni Italiane  in vetta alle montagne.

Fino al 4 agosto furono sparati più di 4000 colpi del calibro 210. Comandante dell’opera era il Capitano Karl Ebner ( il sottotenente Hans Kuhn era il comandante della batteria degli obici corazzati; il sottotenente Benda comandante del blocco B ) sino al 30 agosto 1915 e poi il Colonnello Marckhgott ( già comandante del blocco A ).

Lo stesso comandante tedesco Capitano Ebner trovò la morte nel forte assieme a diciassette artiglieri, quando un proietto da 280 mm. attraversò tutti i piani di una torre corazzata per scoppiare in quello più in basso.

 

 

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Il forte dopo il bombardamento da cannoni  italiani da 305.
Foto tratta da Mount Piper (2.069 metri).
 

Dogna prima del bombardamento

La reazione tedesca pero' non si fece attendere.

Visto che le cime a nord erano saldamente occupate dalle truppe Italiane i tedeschi scelsero la impervia strada del Montasio che pochi allora erano in grado di scalare.

L' Ingegnere Ferdinand Horn, colui che ha scalato da solo il percorso conosciuto come Jalovec, si propose volontario per la missione. 
Con alcuni amici è salito sulla terra di nessuno sopra Val Saisera, proprio sotto le mura di cresta drago di Montasio. Appena  iniziato a salire la roccia ,  una pattuglia italiana è passata sotto la parete eHorn ed i suoi  hanno dovuto rifugiarsi in un anfratto per molte ore.

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uindi pur essendo in un terreno friabile salirono più in alto. Ancora non scoperti, hanno raggiunto una tacca in cresta, da dove potevano vedere chiaramente le posizioni italiane in Dogna. 

L'

artiglieria austro-ungarica ha  iniziato canonnegiare Dogna . Dopo ogni foto di gruppo del Corno inviava segnali luminosi concordati tra valle Saisera in direzione  Nabojs , dove gli osservatori prendevano i messaggi e li inoltravano alle batterie Austriache. 

Il fuoco di artiglieria ha iniziato un sempre più preciso martellamento di Dogna.

 

L'ospedale allora era ospitato presso l'Albergo Montasio
( Ora casa di Ivo ed Esterina)

 

Nei primi giorni di agosto del 1915 il paese è stato bombardato dall'obice da 420 posto vicino a Ugovizza  per rispondere al bombardamento di Tarvisio, Valbruna e Malborghetto

All'inizio della strada della Val Dogna c'era una targa che ricordava la morte di una donna proprio per l'esplosione di uno di questi proiettili . Ora la targa non c'e' più prtche' distrutta nella seconda guerra.

Ovviamente nel tentare di colpire i cannoni Italiani alcuni colpi finirono sulle case civili e sull'Ospedale L'ospedale allora era ospitato presso l'Albergo Montasio ( Ora casa di Ivo ed Esterina)

Popolazione, soldati e ospedaletto dovettero in tutta fretta sgombrare le case, che già cominciavano a crollare per la violenza degli scoppi e rifugiarsi nella grande galleria scavata nella roccia, sotto la quale passava la strada nazionale.

La prima mattina del bombardamento, all'invito  di ritirarsi del Direttore dell'ospedale, le due infermiere addette all'ospedaletto avevano risposto che non si sarebbero mosse finchè rimaneva un soldato, e rimasero, infatti, fino all'ultimo, per il salvataggio di tutti i feriti.

Delle due infermiere, la prima era Amalia Boninsegni , alla quale fu concessa la Medaglia di Bronzo al Valor Militare: “Durante un bombardamento nemico, sebbene l'ospedaletto fosse in serio pericolo perchè colpito più volte, rifiutava di mettersi in salvo, per assistere gli ammalati e feriti che accompagnava al sicuro, percorrendo coraggiosamente la zona del paese battuta dalle artiglierie nemiche".