L'Italia entra in guerra

  La dichiarazione di guerra fu emessa dallo stato italiano il 23 maggio 1915.

Il segnale d'inizio del conflitto pare sia stato dato alle ore 4 del 24 maggio con un colpo di cannone sparato dal forte italiano Verena sull' Altopiano dei sette comuni.

Nella foto qui accanto si vede lo sconfinamento in direzione Trieste.

     
  Nel tratto Pontebba, Sella Nevea gli austriaci avevano la possibilità di rifornire le loro linee dalle valli Saisera (Valbruna), Riofreddo, Valle del Rio (Predil) mentre agli italiani non restava che il canale del Ferro, la Val Dogna, la Raccolana (per Sella Nevea e il Canin), queste due ultime con indicibili sacrifici.

Era perciò la catena montuosa che costeggiava la sponda destra della Val Dogna e la testata, a segnare gran parte del confine militare nel primo tratto delle Alpi Giulie.

Attorno alla ValDoigna si attestano le migliori postazioni di entrambe le fazioni

 

 
     

 

     
     

 

Prime fasi del conflitto

 

     
 

Sin dai primi giorni dopo l'entrata in guerra i due eserciti si fronteggiarono lungo tutto l'arco alpino, dando vita ad assalti ritenuti secondari dal punto di vista militare. Non per questo però sono da considerarsi meno incredibili dal punto di vista umano: migliaia di uomini con un equipaggiamento tutt'altro che tecnologico riuscirono a costruire gigantesche opere militari ed a sopravvivere ai rigidi inverni. 

È quanto accaduto ad esempio sulle Alpi Giulie, lungo quello che fu il confine tra Italia ed Austria-Ungheria tra le cime che dividono la Val Dogna dalla Val Canale.

Tra sentieri alpini, prati montani, boschi di conifere e cime rocciose si nascondono numerose tracce della Grande Guerra che ancora oggi sorprendono per la loro posizione e magnificenza.

Si può rimanere affascinati ad esempio nel vedere le infrastrutture costruite oltre un secolo fa per il trasporto di uomini, animali e materiali come strade, sentieri, gallerie e funivie. Oppure affrontare gli itinerari nel cuore della Val Dogna e della Val Saisera ed immaginare quanto fosse difficile vivere in un ambiente così ostile. 

Il 26 maggio 1915 gli alpini attaccano le linee austriache tra Forchia Cjanalot, il Monte Piper ed il Due Pizzi, queste cime sono presidiate dal 27° Reggimento fanteria di Stiria ed il 9° Battaglione Tiroler Jager. Una pattuglia del “GEMONA”, comandata dal friulano Ten. Armando Bernardinis, dopo un’ardita scalata ed un furioso combattimento, occupa il Pizzo Orientale e cattura il presidio austriaco ma, non potendo consolidare le posizioni appena conquistate, è costretta a ritirarsi.

Il 30 luglio 1915 la 70° Compagnia del “GEMONA” attacca e conquista Forchia Cjanalot mentre il plotone al comando del Ten. Bernardinis occupa nuovamente il Pizzo Orientale e cattura 5 ufficiali ed 80 soldati. Nell’occasione, per salire i versanti della montagna senza fare rumore, gli alpini calzano i “scarpez”. Viene inoltre occupato anche il Monte Piper e le perdite da parte austriaca sono pesantissime (200 tra morti, feriti e prigionieri).

 

     
 

Allo scoppio delle ostilità Dogna contava piu' di 1.400 abitanti e il 60% della popolazione venne evacuata  in varie parti dell’Italia centro–meridionale.

Solo alcuni si fermarono nel Veneto come ad esempio la famiglia Vidali ed i Martina.

Il paese era diviso in due dal fiume Fella .

Nella parte destra c’era la chiesa ed il comune.  

A sinistra c’era Prerit che si dice contasse piu’ popolazione del centro storico.

 

       
   

Popolazione a Dogna prima e dopo la guerra

 
    Nel capoluogo furono piazzati due obici da 305/17 (il calibro più grosso che l’esercito Italiano possedesse all’epoca) che bombardavano ripetutamente il territorio austriaco ed in particolare Malborghetto.