LA LATTERIA
Tra i suoi tesori, Dogna conserva ancora l’edificio della vecchia latteria sociale turnaria.
Nei suoi locali, sono
ancora ben conservate le principali attrezzature per la caseificazione,
i fornelli per il riscaldamento del latte a temperatura di cagliatura,
le caldaie di contenimento dove avviene il processo di caseificazione
del latte con l’ausilio dei diversi strumenti di agitazione. La latteria cesso l'attivita' a causa del terremoto nel 1976. In quell'anno da Gennaio al 17 settembre furono lavorati 391.551 litri di latte con un totale di 39,5 quintali di formaggio e 4 quintali di burro. Alla latteria confluiva circa la meta' del latte prodotto a Dogna. Nel 1976 c'erano rimasti solamente 45 capi di bovini
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CHE COS'E' IL LATTERIA
E' un formaggio a latte crudo
ottenuto senza fermenti artificiali, latte proveniente da piccoli
allevamenti contigui al luogo di lavorazione, allevamenti dove le razza
pezzata rossa viene allevata con alimentazione "naturale».
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Ogni famiglia (o quasi) allevava una o piu' mucche quasi sempre di razza "pezzata rossa" Ovviamente allevavano anche maiali, galline , conigli ecc. |
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D'estate
c'era l'abitudine di portare le mucche sui pascoli in alta montagna ,
affidandole alla cura dei pastori delle malghe di Bielighe e Somdogna. La transumanza iniziava a Giugno e le mucche rimanevano li' due o tre mesi. Alla fine del periodo si andava a riprendere le mucche ed in compenso era d'uso che il pastore donasse al proprietario della mucca parte del formaggio prodotto, in proporzione alla produzione di ogni singolo capo.
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Durante tutto l'anno pero' era compito delle donne nutrire ed accudire le mucche. Infatti tipicamente gli uomini erano emigranti che tornavano in paese solo saltuariamente Il lavoro era duro perche' non c'era la possibilita' di usare le macchine agricole ed a Dogna non era d'uso usare Muli ed Asini.
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Il fieno veniva tagliato a
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Le
calzature tipiche da stalla erano "lis dalminis"
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ed il
letame trasportato con la carriola
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Le mucche venivano abbeverate portando i secchi d'acqua con il "buinc"
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Il mattino presto, circa alle
cinque, le donne si alzavano , alimentavano con fieno e "pastone" le
bestie.
Le abbeveravano, sgomberavano il letame, rifacevano la lettiera con paglia e riempivano la mangiatoia di fieno. Poi procedevano alla mungitura, dopo avere accuratamente lavato le mammelle delle mucche. Versavano il latte prodotto in appositi bidoncini, adatti per il trasporto. Il classico bidoncino era dotato di bretelle per il trasporto in spalla. A questo punto si incamminavano verso il paese dove era stata costituita la Latteria Sociale Turnaria |
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Latteria Sociale Turnaria |
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La tradizione delle latterie
turnarie era un tempo diffusa in tutto il Friuli; dal 1880, anno in cui
viene istituzionalizzato il sistema delle latterie , ne sono nate a
decine su tutto il territorio friulano. Era una maniera pratica di gestirei il latte, economica e di scarse difficoltà, adatta alla produzione casearia di piccola scala tipica del territorio friulano, con numerosi allevatori sparsi in ogni borgata. L’istituzione della latteria turnaria infatti ricalcava e formalizzava l’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e caseificare collettivamente, con lo stesso principio della panificazione che avveniva in ogni borgata. Nelle latterie turnarie il singolo socio manteneva la proprietà del prodotto finale e lo commercializzava in proprio. La settimana era scandita attribuendo ciascuna giornata di lavorazione a un determinato socio in funzione della quantità di latte conferita. Coloro che portavano una quantità maggiore di latte avevano diritto a più giornate, magari stabilite in modo fisso sul calendario settimanale, gli altri le giornate di lavorazione rimanenti. Ogni latteria era coordinata da un Casaro che gestiva i turni e teneva la contabilizzazione del latte. A Dogna la gestione era coordinata dal MINO TREPPO |
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La prima cosa che Mino faceva
, era di prelevare un campione di latte che metteva in una provetta, ed
analizzava il latte. La qualita' del latte era essenziale perche' anche una pur minima quantita' di latte avariato avrebbe compromesso l'intera produzione della giornata. A volte le mucche soffrivano di Mastite ( è una malattia infiammatoria della mammella ) Qualche furbetta aggiungeva il latte di capra per aumentare la produzione. Oppure semplicemente il contenitore non era stato accuratamente pulito. In ogni caso Mino era intransigente e non accettava il latte inidoneo. Ovviamente ne nascevano accesi battibecchi ma alla fine si ricomponevano civilmente per il bene collettivo.
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Una volta che il latte era
accettabile, veniva versato nel secchio agganciato alla bilancia. La quantita' veniva accuratamente trascritta sul "libro mastro"
e contemporaneamente sul libretto del singolo socio.
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Infine il latte veniva versato nel pentolone di rame . C'era anche un secondo pentolone , piu' piccolo, che serviva di scorta nel caso in cui la raccolta di latte fosse piu' abbondante. Inizialmente non c'era il motore elettrico per la miscelazione ed il tutto veniva fatto a mano Ogni giorno veniva assegnata la produzione ad una singola famiglia che era responsabile di fornire manodopera e legna per il forno. Il Casaro coordinava il lavoro di tutti e molto spesso aiutava fisicamente nelle operazioni.
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Dopo opportuna decantazione
del latte, veniva a galla la Panna. Con un particolare paletta piatta , che nel museo manca , veniva "scremata" la panna e messa nella "zangola". Richiuso accuratamente il coperchio , veniva fatto ruotare il barilotto mediante la manovella posto di lato. Il tutto per parecchie decine di minuti ( mi ricordo ancora il male alle mani ed alle spalle ) A furia di sbattere contro le pareti del barilotto, la panna espelleva il liquido del latte e rimaneva separato il BURRO.
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Con grande maestria Mino
manovrava avanti ed indietro il fuoco sotto il pentolone in modo da
mantenere costante la temperatura del latte a 36 / 39 gradi .
Misurava costantemente la temperatura con un grosso termometro ( che manca nel museo ) Quando il latte "cagliava" si formava una densa pasta morbida ma consistente ed uniforme. Si procedeva quindi accuratamente alla rottura della cagliata usando "la chitarra" . Questa operazione era molto delicata e la faceva solamente Mino. Prima di procedere allo "spurgo" si aspettava qualche minuto in modo che il siero si separasse bene dalla cagliata. Poiche' il LATTERIA e' un formaggio a freddo si
procedeva subito al prelievo. |
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Mino aveva una tecnica tutta
sua. Prendeva un telo e con l'aiuto di una lama flessibile prelevava la
giusta quantita' di materia atta alla quantita' di una forma di
formaggio.
Lo depositava in un cerchione (allora erano di legno) e spremeva il siero in eccesso con le mani. Prima di coprirlo con il coperchi di pressa inseriva sul bordo del cerchione dei numeri che contrassegnavano la partita di produzione e di conseguenza il proprietario del formaggio.
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Le forme di formaggio dopo
una notte di decantazione venivano accuratamente depositate nella stanza
di stagionatura e vi rimanevano un mese. Ogni giorno Mino provvedeva a pulire e rivoltare e salare ogni singola forma di formaggio in modo che non prendesse la muffa e si stagionasse su tutti i lati
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Ultima fase della
lavorazione era la produzione della RICOTTA
Oltre al siero che era rimasto nella caldaia, con una centrifuga (allora manuale) veniva raccolta anche l'ultima goccia di sostanza lattiera da quanto era rimasto dalla produzione del burro. Il tutto veniva riscaldato nel calderone a temperatura di 85 / 90 gradi Si formava cosi' la RICOTTA che ognuno si portava a casa assieme al BURRO. La ricotta veniva tipicamente AFFUMICATA appendendola sopra il FOCOLARE . Chi non aveva il Focolare tentava di affumicarla sopra il "spolert"
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Alla fine della giornata la
famiglia si portava a casa
Il formaggio veniva ritirato dopo un mese. Una parte rimaneva ovviamente al casaro quale compenso del suo lavoro |