LA STORIA DELLA MADONNINA CON LE CORNA In via Nazionale esiste una capella in cemento con una immagine della madonna. Questa statua pero' non e' l'originale. L'originale era una
statua di legno massiccio raffigurante la madonna
con in braccio il bambino. La storia di questa Madonna e' assai particolare e me l'ha raccontata a Ginevra il figlio di Edoardo e di Selma (svizzera di origini). Durante la guerra Edoardo e Leone in un combattimento caddero nel Don in piena e stavano per annegare. Si salvarono aggrappandosi ad un pezzo di legno galleggiante e quando arrivarono fortunosamente a riva si accorsero che era una statua della Madonna con in braccio il Bambino Gesu'. Non e' chiaro come abbiano fatto durante la ritirata di Russia , ma la statua la portarono a Dogna e adattarono la Capelletta in cemento e vi installarono la statua sopra un paio di corna, a simboleggiare che la Madonna aveva sconfitto il Diavolo salvando Edoardo e Leone. La statua rimase al suo posto fino alla morte di Edoardo. La moglie Selma , non avendo altri parenti in Italia, si trasferi' a Ginevra dai figli Si porto' con se la statura della Madonna a ricordo del marito. Nessuno sapeva , pero', che la statua era stata inserita e catalogata come bene culturale dalla Sovrintendenza delle Belle Arti. Fatto sta che Selma fu processata in contumacia e condannata a sette anni di carcere. Selma e' morta a Ginevra e non ha mai saputo di essere stata condannata.
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RICORDI DI SCUOLA anni 1950 Avevamo tutti un grembiulino nero con un colletto bianco. Puntualissimi ci presentavamo davanti al portone centrale dell'edificio che comprendeva:
Ci mettevamo autonomamente e
disciplinatamente in fila per due, divisi per classe
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SCALETIS Me le ricordo.
Noi le facevamo rotonde. |
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IL GEI E LE COSCE
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DALMINIS
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Li dalminis a erin la tipiche cjalēadure di une volte, che le metevin ducj.
Il len che si doprave di plui al jere tenar, par
solit: alme, tei, vencje, pōl... Come prime lavorazion, al len i vignive gjavade la scusse e metūt sot dal fen par secjālu in mūt che no vegnissin sclaps une volte sagomāt. Par solit i ēucui a vignivin lavorāts tai dīs di ploie: un artesan brāf al rivave a fānt un in 4/5 oris. Mi riguadi me none ca le lave in ta stale cui dalminis |
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IL TRENO
Nel 1878 e' stata costruita la ferrovia che congiungeva Udine a Vienna e passava da Dogna. Nonostante i cannoneggiamenti della prima guerra mondiale ed i ripetuti bombardamenti aerei subiti nella seconda guerra ed i terremoto il ponte ha resistito a tutto tranne all'acqua del torrente Dogna che lo ha travoloto facendolo crollare. Il treno, trainato prima da
locomotive a vapore e poi locomotive elettriche (clicca qui per vedere un filmato)
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Nella frazione di Roncheschin, e' rimasto in funzione il mulino della famiglia Compassi " i Compassits " fino dopo la seconda guerra. Nella foto accanto abbiamo
cercato, con l'aiuto dei ricordi, di Ora la ruota non c'e' piu'. Era sicuramente piu' grande ma il fotomontaggio rende bene l'idea Cliccate sull'immagine per vedere la serie completa del fotomontaggio
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(clicca qui per vedere i dettagli)
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PIPPO Durante la prima guerra mondiale il territorio di Dogna era una grande trincea nella guerra contro l'Austria Il nemico era attestato nella valle che va da Pontebba a Tarvisio Il caposaldo strategico era il Forte di Malborghetto, ed era necessario smantellarlo. Una batteria di cannoni era piazzata a Dogna e sparava contro il forte di Malborghetto superando le montaghe poste a Nord di Dogna Per indirizzare meglio il tiro un aereo ( che i Dognesi chiamavano PIPPO) volava sopra la montagna segnalando con bandierine come aggiustare il tiro. |
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IL NAZI
Si racconta che a Dogna viveva un povero diavolo che viveva della bonta' dei cittadini Dognesi. All'ora dei pasti si recava a rotazione nelle case dei Dognesi che lo ospitavano come commensale dandogli quello che mangiavano loro stessi. Alla fine del pasto non si fermava mai a casa degli altri e se ne tornava sempre a casa sua. Da questo aneddoto e' nato il famoso detto dognese : Cumņ jo fas come il Nazi Un particolare
comportamento del Nazi consisteva nel tornare
sempre velocemente a casa sua in casa di bisogni
corporei. Non li faceva mai a casa degli altri.
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SFOLLATI IN CARRIOLA
Durante la prima guerra mondiale,
Dogna era diventata Linea del Fronte. |
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Crąčulis e Venerdi' Santo Facevano
parte di uno spettacolare folclore di Dogna
l'uso delle Crąčulis
durante la processione del Venerdi' Santo.
Il Venerdi' Santo veniva svolta la
processione che partendo dalla chiesa percorreva
"iu pa le vile" fino alle "scontradice". A
Dogna, durante la processione del Venerdi' Santo,
era d'uso nascondersi ai lati della strada e fare
quanto piu' fracasso possibile con li
Crąčulis
. Subito dopo la guerra Dogna era piena di case diroccate a causa dei bombardamenti ed era facile nascondersi fra le macerie, fare fracasso e non essere visti. Questa
tradizione era osteggiata ferocemente dal parroco
che si arrabbiava non molto. Un anno il Basili Compassit ne ha creata addirittura una enorme lunga 2 metri per 1 metro. Era adagiata su una portantina con quattro pali asservita da quattro portatori. Aveva due maniglie, una per lato, e necessitava di due persone per ruotarle. Le ruote dentate erano due, aventi un diamentro di quaranta centimetri ciascuna, ed era dotata di una cassa armonica. Il rumore era assordante. Fu usata una sola volta nel 1951 ed abbandonata perche troppo pesante ed ingombrante per issarla sulle macerie ,ma specialmente perche il parroco si e infuriato in quanto non si sentivano neppure le preghiere della processione. La processione si snodava per le strade di Dogna ai cui lati venivano posti ad ogni metro mucchietti di segatura imbevuti di petrolio ed accesi poco prima della processione. Ed
i fedeli seguivano la processione con candele
accese.
Ogni anno Donino e Cecilia preparavano una croce gigante, molto illuminata, che spiccava in lontananza sul Cuel Taront. Di fronte alla chiesa, in alto sui ruderi della casa dei "FANFUL" io stesso allestivo una enorme croce alta 5 metri corredata di 270 lampadine elettriche. Mi ricordo che l'ultimo anno ho corredato l'impianto di un giradischi con il piatto opportunamente modificato con dei settori elettrici e che simulava dei movimenti a bagliore della croce. Gianfranco Martina
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IL BUINĒ O
THAMPEDON
(tratto da La Patrie dal Friūl)
Par solit al jere fat di len di frassin o cjarpin taiāt ancjemņ vert, spelāt e taiāt in doi tocs, par lunc. Podopo si lu meteve in forme e lassāt a secjā par doi agns. Une volte pront, si invidavin doi fiers tes pontis par picjā la robe, par solit i seglots par lā a cjoli aghe o lat.
Di solito era di legno di frassino o carpino ( cąrpine) ancora verde, sbucciato e tagliato in due pezzi, in longitudine. Poi si metteva in dima e si lasciava essicare per due anni. Quando era pronto, si avvitavano due ferri sulle punte per appendere le cose, di solito i secchi per prendere l'acqua o il latte
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