DOGNA 
 

Il primo sito online dedicato al comune di Dogna (UD)
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LA STORIA DELLA MADONNINA CON LE CORNA

In via Nazionale esiste una capella in cemento con una immagine della madonna. Questa statua pero' non e' l'originale.

L'originale era una statua di legno massiccio raffigurante la madonna con in braccio il bambino.
Ai suoi piedi sbucavano due corna .
La Cappelletta era di proprieta' dei fratelli Tommasi Leone ed  Edoardo (storico sindaco di Dogna).

La storia di questa Madonna e' assai particolare e me l'ha raccontata a Ginevra il figlio di Edoardo e di Selma (svizzera di origini).

Durante la guerra Edoardo e Leone in un combattimento caddero nel Don in piena e stavano per annegare.

Si salvarono aggrappandosi ad un pezzo di legno galleggiante e quando arrivarono fortunosamente a riva si accorsero che era una statua della Madonna con in braccio il Bambino Gesu'.

Non e' chiaro come abbiano fatto durante la ritirata di Russia , ma la statua la portarono a Dogna e adattarono  la Capelletta in cemento e vi installarono la statua sopra un paio di corna, a simboleggiare che la Madonna aveva sconfitto il Diavolo salvando Edoardo e Leone.

La statua rimase al suo posto fino alla morte di Edoardo. La moglie Selma , non avendo altri parenti in Italia, si trasferi' a Ginevra dai figli

Si porto' con se la statura della Madonna a ricordo del marito.

Nessuno sapeva , pero', che la statua era stata inserita e catalogata come bene culturale dalla Sovrintendenza delle Belle Arti.  Fatto sta che Selma fu processata in contumacia e condannata a sette anni di carcere.

Selma e' morta a Ginevra e non ha mai saputo di essere stata condannata.

 

 

ieri  (ricostruzione)

    oggi


 

 

RICORDI DI SCUOLA anni 1950

Avevamo tutti un grembiulino nero con un colletto bianco. Puntualissimi ci presentavamo davanti al portone centrale dell'edificio che comprendeva:

  • Municipio al piano terra a destra

  • Il teatro al piano terra al centro

  • Il CRAL al piano terra a sinistra

  • Al piano superiore le aule scolastiche

  • L'abitazione della Bidella Aurora (mamma di Dolores)

Ci mettevamo autonomamente e disciplinatamente in fila per due, divisi per classe
Puntualissima arrivava la Bidella Aurora che apriva il portone e salivamo l'enorme scalone centrale. In cima, sul pianerottolo trovavamo i maestri.
Il maestro Sergio, reduce dai campi di concentramento Tedeschi e memore della disciplina teutonica , ad uno ad uno e con certosina dovizia munito della "veronica" (bacchetta di 'vench") ci faceva la "rivista" .
Ognuno doveva togliersi le scarpe e le calze ed i maestro controllava se piedi, mani, collo ed orecchie era puliti. A chi veniva sorpreso "sporco" venivano impartite frustate con la "veronica" nei punti sporchi.
Finito questo supplizio ci toccava subirne un'altro , forse piu' terribile: l'Olio di fegato di Merluzzo.
In fila indiana, passavamo davanti ad un enorme bidone (200 Kg) pieno di Olio ed il maetro ne  dispensava ad ognuno un cucchiaio stracolmo.
Vi ricordate l'odore nauseabondo ed il sapore putrido ?
Il maestro controllava ognuno che lo inghiottisse bene prima di passare ad un altro.
Le lezioni erano invece piacevoli perche' avevamo maestri ben preparati, paterni e con grande senso del dovere.
Si usavano le penne con il pennino e l'inchiostro lo attingevamo da un calamaio inserito nel legno del banco.
L'unico insopportabile era il Parroco Don Zearo che usava metodi che al giorno d'oggi lo porterebbe direttamente in galera.
La pena piu' lieve per chi chiaccherava o si distraeva scagliava in faccia e con forzo il "cancellino".
Ma non era raro essere messi in castigo per molto tempo (anche mezz'ora) in ginocchio con le mani alzate.
Non raramente capitava di sostenere sulle mani alzate un ciocco di legno e nei casi peggiori sul pavimento metteva dei grani di granoturco e non vi dico sotto le ginocchia come stavano !
Vi erano 5 classi ma, a discrezione del maestro, si poteva essere costretti ,come me, a fare la 6' classe

 

 

SCALETIS

Me le ricordo. Noi le facevamo rotonde.
Si raccoglieva a primavera tutte le ramaglie per la pulitura dei prati e boschi e si preparavano i cumuli enormi sul greto del fiume fella.
Noi bambini ( Diego, Vicenzino, Claudio, Franco, ... non posso elencali tutti....) ci davamo un gran da fare a segare i rami grossi rotondi
in fette dello spessore di circa 2 cm.
Poi con un trapano (a mano) facevamo un buco al centro.
La notte della festa di S.Pietro e Paolo si accendevano i fuochi appena dopo il tramonto.
Si metteva una grossa tavola di legno inclinata verso l'alto.
Qundi si infilzava un lungo bastone nel buco della "scalete", si mettevano nel falo' in modo da farle prendere fuoco e quindi si scagliavano lontano tramite il tavolone inclinato verso l'alto urlando tutti:
"San Pieri San Pauli,Sante Ramacure...e dučh i sants dal paradīs"
 

 

IL GEI E LE COSCE

Par costruī i geis, par solit, tal miźs di Avost si lave a cirī i vencs che a vignivin su tal ōr dal flum.
Dopo si ju spelave e si metevin a suiā.
Cuant che a erin pronts, si ju intortolave dantji la forme dal gei.

Il gei al servive par port
ā il fen e i lens, ma ancje par portā dutis li robis cal necesitave

 

DALMINIS

 

 

Li dalminis a erin la tipiche cjalēadure di une volte, che le metevin ducj.

Il len che si doprave di plui al jere tenar, par solit: alme, tei, vencje, pōl...
Opūr plui dūr tant che fajār, olm, ajar.

Come prime lavorazion, al len i vignive gjavade la scusse e metūt sot dal fen par secjālu in mūt che no vegnissin sclaps une volte sagomāt.

Par solit i ēucui a vignivin lavorāts tai dīs di ploie: un artesan brāf al rivave a fānt un in 4/5 oris.

Mi riguadi me none ca le lave in ta stale cui dalminis

 
 
IL TRENO

Nel 1878 e' stata costruita la ferrovia che congiungeva Udine a Vienna e passava da Dogna.

Nonostante i cannoneggiamenti della prima guerra mondiale ed i ripetuti bombardamenti aerei subiti nella seconda guerra ed i terremoto il ponte ha resistito a tutto tranne all'acqua del torrente Dogna che lo ha travoloto facendolo crollare.

Il treno, trainato prima da locomotive a vapore e poi locomotive elettriche
ci ha scarrozzato per molti anni sulle panchine di legno in carrozze arruginite

(clicca qui per vedere un filmato)

 

 

Nella frazione di Roncheschin, e' rimasto in funzione il mulino della famiglia Compassi   " i Compassits " fino dopo la seconda guerra.

Nella foto accanto abbiamo cercato, con l'aiuto dei ricordi, di
eseguire un fotomontaggio di come era negli anni 1950.

Ora la ruota non c'e' piu'. Era sicuramente piu' grande ma il fotomontaggio rende bene l'idea

Cliccate sull'immagine per vedere la serie completa del fotomontaggio

 

 

IL MULINO DEI "COMPASSITS"

(clicca qui per vedere i dettagli)

 

 

PIPPO

Durante la prima guerra mondiale il territorio di Dogna era una grande trincea nella guerra contro l'Austria

Il nemico era attestato nella valle che va da Pontebba a Tarvisio

Il caposaldo strategico era il Forte di Malborghetto, ed era necessario smantellarlo.

Una batteria di cannoni era piazzata a Dogna e sparava contro il forte di Malborghetto superando le montaghe poste a Nord di Dogna

Per indirizzare meglio il tiro un aereo ( che i Dognesi chiamavano PIPPO) volava sopra la montagna segnalando con bandierine come aggiustare il tiro.

 

 
IL NAZI

Si racconta che a Dogna viveva un  povero diavolo che viveva della bonta' dei cittadini Dognesi.

All'ora dei pasti si recava a rotazione nelle case  dei Dognesi che lo ospitavano come commensale dandogli quello che mangiavano loro stessi.

Alla fine del pasto non si fermava mai a casa degli altri e se ne tornava sempre a casa sua.

Da questo aneddoto e' nato il famoso detto dognese : Cumņ jo fas come il Nazi

Un particolare comportamento del Nazi consisteva nel tornare sempre velocemente a casa sua in casa di bisogni corporei. Non li faceva mai a casa degli altri.
 

Dolores Soprano ha contribuito con:
Raccontava mia mamma che il Nazi in casa sua aveva anche un altare per celebrare la messa,quando i bambini uscivano di scuola suonava una campanella ein tanti correvano da lui ,pure mia mamma ci andava,certi ragazzi lo prendevano in giro e lui si arrabbiava tantissimo eli inseguiva urlando (non si capiva quello che diceva perchė parlava molto male)

Gianfranco Martina ricorda:
I bambini di allora si divertivano crudelmente ad inveire sul poveraccio . Uno dei modi per farlo arrabbiare  era quello di grattarsi la guancia con le unghie davanti al povero Nazi che andava in bestia.
I genitori dei ragazzi punivano severamente i propri figli per proteggere quel poveraccio. Ma si sa' i bambini inconsciamente possono essere molto cattivi con i deboli quando sono in "branco".

 

SFOLLATI IN CARRIOLA

Durante la prima guerra mondiale, Dogna era diventata Linea del Fronte.
Mia nonna Emilia mi raccontava che sono stati costretti a sfollare nel basso Friuli.
Ma non c'erano mezzi per fare il viaggio, e pertanto sono dovuti partire a piedi impiegando una settimana per raggiungere un paese della bassa
Portavano con loro il minimo indispensabile ed il piccolo bambino, mio padre Miro, adagiato nella carriola  insieme alle cose trasportate

 
 

Crąčulis e Venerdi' Santo

Facevano parte di uno spettacolare folclore di Dogna  l'uso delle Crąčulis durante la processione del Venerdi' Santo.
Era uno strumento di legno che produceva un suono crepitante e  fastidioso.
Per tradizione millenaria le campane delle chiese vengono rese mute legando il battacchio durante il Venerdi  Santo e vengono "slegate" solamente  a Pasqua.

Il Venerdi' Santo veniva svolta la processione che partendo dalla chiesa percorreva "iu pa le vile" fino alle "scontradice".
Poi risaliva per la via Nazionale  ed oltrepassata la galleria tornava indietro fino alla chiesa.

A Dogna, durante la processione del Venerdi' Santo, era d'uso nascondersi ai lati della strada e fare quanto piu' fracasso possibile con li Crąčulis .
Si diceva che era una ricordo  dello schiamazzo che facevano gli oppositori di Gesu' mentre portava la croce.

Subito dopo la guerra Dogna era piena di case diroccate a causa dei bombardamenti ed era facile nascondersi fra le macerie, fare fracasso e non essere visti.

Questa tradizione era osteggiata ferocemente  dal parroco che si arrabbiava non molto.
Ma la tradizione era dura a morire, ed erano molti quelli che, con
Crąčulis  alla mano seguivano nascosti la processione.

Un anno il Basili Compassit ne ha creata addirittura una enorme lunga 2 metri per 1 metro. Era adagiata su una portantina con quattro pali asservita da quattro portatori. Aveva due maniglie, una per lato, e necessitava di due persone per ruotarle. Le ruote dentate  erano due, aventi  un diamentro di quaranta centimetri ciascuna,  ed era dotata di una cassa armonica. Il rumore era assordante. Fu usata una sola volta nel 1951 ed abbandonata perche’ troppo pesante ed ingombrante per issarla sulle macerie ,ma specialmente perche’ il parroco si e’ infuriato in quanto non si sentivano neppure le preghiere della processione.

La processione si snodava per le strade di Dogna ai cui lati venivano posti ad ogni metro mucchietti di segatura imbevuti di petrolio ed accesi poco prima della processione.

Ed i fedeli seguivano la processione con candele accese.
Alle finestre delle case venivano appesi dei lumini protetti da
coloratissimi fogli di carta , piegati a soffietto

Ogni anno Donino e Cecilia preparavano una croce gigante, molto illuminata, che spiccava in lontananza sul Cuel Taront.

Di fronte alla chiesa, in alto sui ruderi della casa dei "FANFUL" io stesso allestivo una enorme croce alta 5 metri corredata di  270 lampadine elettriche. 

Mi ricordo che l'ultimo anno ho corredato l'impianto di un giradischi con il piatto opportunamente modificato con dei settori elettrici e che simulava dei movimenti a bagliore della croce.

Gianfranco Martina

 

 

  

    

     

 

IL BUINĒ O THAMPEDON   (tratto da La Patrie dal Friūl)

 

Par solit al jere fat di len di frassin o cjarpin taiāt ancjemņ vert, spelāt e taiāt in doi tocs, par lunc.

Podopo si lu meteve in forme e lassāt a secjā par doi agns.

Une volte pront, si invidavin doi fiers tes pontis par picjā la robe, par solit i seglots par lā a cjoli aghe o lat.

 

Di solito era di legno di frassino o carpino  ( cąrpine) ancora verde, sbucciato e tagliato in due pezzi, in longitudine.

Poi si metteva in dima e si lasciava essicare per due anni.

Quando era pronto, si  avvitavano due ferri sulle punte per appendere le cose, di solito i secchi per prendere l'acqua o il latte